| Liquidazione controllata per i debitori sovra-inde |
venerdì 2 febbraio 2024 |
| Liquidazione controllata per i debitori sovra-indebitati: sì anche sulla base di redditi futuri con una durata non inferiore a tre anni
Con la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 6 del 19 gennaio scorso sono stati meglio precisati i confini e le modalità della procedura di liquidazione controllata: il debitore sovra-indebitato potrà infatti accedere a quest’ultima anche sulla base dei soli redditi futuri e dei beni sopravvenuti dopo l’apertura della stessa. Ciò in virtù dell’applicazione dell’art. 2740 c.c. secondo cui il debitore risponde delle obbligazioni assunte con tutti i propri beni presenti e futuri.
La liquidazione controllata è una delle tre procedure concorsuali che sono state disciplinate dal Legislatore per le persone fisiche non imprenditori, i professionisti, le imprese minori, le start up innovative, le imprese agricole, i consumatori, i soci di società di capitali e in generale per tutti soggetti che, considerata la loro natura, non possono essere sottoposti a liquidazione giudiziale.
È una procedura diretta a monetizzare tutti i beni del debitore, tranne quelli impignorabili e quelli necessari al mantenimento suo e della sua famiglia; il ricavato ottenuto sarà poi utilizzato per soddisfare i creditori, in un’ottica di par condicio creditorum, salve le cause legittime di prelazione. È un istituto che nelle sue linee rammenta, in un ambito più ristretto e meno articolato, le caratteristiche della liquidazione giudiziale applicabile, invece, alle imprese commerciali non minori (e cioè che superano le cosiddette soglie di fallibilità previste dall’art. 2, c. 1 lett. d) CCII) in stato di insolvenza.
Al pari della liquidazione giudiziale, anche in quella controllata trova applicazione l’esdebitazione tramite cui il debitore viene liberato dal peso dei debiti concorsuali che difficilmente potranno essere soddisfatti. In altre parole, si permette anche al debitore sovra-indebitato e in presenza di precise condizioni di ripartire di nuovo ricollocandosi “utilmente all’interno del sistema economico e sociale, senza il peso delle pregresse esposizioni” (sent. Corte Cost. n.245 /2019).
Una volta chiarito che risulta possibile acquisire beni e redditi sopravvenuti in sede di liquidazione controllata, sorge una domanda e cioè quale sia il termine minimo previsto per tale acquisizione e di conseguenza quale sia la durata minima della procedura in parola. La legge non lo dice perché si occupa solo del termine per rendere applicabile l’esdebitazione indicato in tre anni; è proprio su questo che, quindi, il Tribunale di Arezzo con quattro ordinanze di rimessione ha sollevato davanti ai giudici della legge la questione di legittimità costituzionale dell’art. 142, comma 2, CCII, applicabile anche alla liquidazione controllata, in rapporto agli artt. 3 e 24 Cost.
Non va infatti dimenticato che la durata della liquidazione controllata deve pur sempre rappresentare il punto d'equilibrio tra due importanti esigenze: quella del debitore di poter tornare, in un tempo ragionevole, a disporre liberamente del proprio reddito, e quella, dei creditori di potersi soddisfare su una parte non trascurabile dello stesso.
Ebbene, la Consulta, nel dichiarare non fondata la questione di costituzionalità avanzata dal Tribunale di Arezzo, precisa che lo stesso ordito normativo fornisce la risposta e che nell’ipotesi in cui un debitore disponga esclusivamente di redditi futuri, il liquidatore deve predisporre un piano di liquidazione che copra tutto il periodo fino all’esdebitazione, fissato, come si diceva, per legge, in tre anni
In sostanza, tale termine rappresenta non solo il termine per poter accedere all’esdebitazione, ma anche la durata minima per l’acquisizione alla procedura di beni e redditi sopravvenuti. Ciò comporta, dunque, che non potranno essere predisposti programmi di liquidazione inferiori ai tre anni.
|
| |
|
|
Elenco News |
|
|

|