| Scuola paritaria ed evasione fiscale |
martedì 15 maggio 2012 |
| «Si parte dall’assunto per cui le scuole paritarie siano frequentate solo da persone facoltose. È un’umiliazione ingiustificata». Corrado Brizio è il legale rappresentante dell’Istituto scolastico e culturale Giuseppe Neri, Pogliano Milanese (Mi) e lancia un allarme indignato, visto che è tenuto, come rappresentante legale della scuola, a comunicare all’Agenzia delle Entrate le rette che superano i 3.600 euro. La prassi è dovuta al cosiddetto “spesometro” introdotto anni fa da Giulio Tremonti: uno strumento di accertamento anti-evasione, che punta a misurare la capacità di reddito del contribuente in base alle sue spese. Riguarda tutte le operazioni rilevanti ai fini Iva, di importo pari o superiore, appunto, ai 3.600 euro.
Per Brizio si tratta di una misura «del tutto illogica». Non si tratta di una difesa d’ufficio delle scuole paritarie, ma è inaccettabile «che si propugni un’equazione per cui chi sceglie di mandare i figli alla scuola paritaria, cosa che peraltro rientra nei diritti costituzionali del cittadino, viene trattato come un evasore. O comunque come un ricco contribuente».
Scuola paritaria, insomma, non significa scuola per privilegiati: «C’è di tutto, per fortuna. Senza le rette, non potremmo stare in piedi.
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